sabato, luglio 29, 2017

Tra scienza, Fede e statistica

Qualche anno fa, durante una lezione sulla comunicazione scientifica, sono stata invitata a fare un gioco. Il docente aveva messo un oggetto in un sacchetto e, a turno, tutti l'abbiamo potuto toccare e manipolare per capire di che oggetto si trattasse.
Questo è il modo che ha la scienza di indagare i fenomeni: c'è un guscio esterno che non permette di vedere le cose per come sono e gli scienziati devono fare delle ipotesi, cercare di capire cosa c'è sotto e trovare la chiave per aprire il sacchetto e comprendere un fenomeno. Le leggi della natura ad esempio.
Chi ha messo l'oggetto nel sacchetto? Il caso? Un dio? È difficile essere donna di scienza e di fede, ma ci provo.
E ci provo ancora più spesso in questi tempi in cui leggo che tanti, troppi, preferiscono non affidarsi alla scienza, ma al proprio sentire in una materia, la salute della comunità, nella quale sembrano essere tutti esperti.
La medicina, per noi comuni mortali che la subiamo senza conoscerla, resta ancora un qualcosa di magico: do la tachipirina al piccolo 
guerriero e magicamente la febbre scende e l'umore torna alle stelle. Infilano mia sorella per l'ennesima volta in una macchina per la risonanza e scoprono quello che in tutti questi mesi nessuno aveva visto. Magia? No, io preferisco chiamarla scienza, preferisco pensare a tutte quelle persone che si sono impegnate e hanno dedicato la propria vita a fare sì che oggi possiamo dare un nome e anche una cura, in molti casi, alle cose che succedono dentro al nostro corpo. Io credo nella scienza. E credo anche in Dio: non perché con una preghiera a gettone nel momento del bisogno risolverà i problemi miei e del mondo, ma perché, se è lui che ha messo l'oggetto misterioso nel sacchetto, ha messo anche in noi la capacità di trovare la chiave per aprirlo. O di convivere con quel sacchetto chiuso.
E poi c'è la statistica: quante probabilità ci sono che due sorelle abbiano lo stesso raro disturbo che, ad oggi, non risulta ereditario? E quante probabilità ci sono che la stessa persona ne abbia un altro, altrettanto raro in età giovane? Ma mercoledì la statistica probabilmente se ne era andata a dormire da qualche parte: quante probabilità c'erano che una nuotatrice alla soglia dei 29 anni, dopo aver vinto ormai tutti i titoli che poteva vincere, potesse mettere la mano davanti alla ventenne americana che da anni vince su tutte le distanze? E quante ce ne erano che "la classe operaia andasse in paradiso" (cit.)? Più o meno le stesse che, nell'arco delle stesse 24 ore, venisse lanciata un'altra bomba.

E chi dorme con tutta quella adrenalina in circolo? Io no, infatti ieri sera mi sono vista questo: carino. E se pensate che la Fede nazionale sia solo una sbruffona antipatica primadonna etc etc etc forse ne uscirete con un'idea diversa.

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