giovedì, dicembre 21, 2017

Lo zen e l'arte di viaggiare sui mezzi pubblici


Una mia amica ha iniziato da poco ad andare al lavoro coi mezzi pubblici e venerdì sera, mentre eravamo a cena a casa sua, mi ha chiesto come faccio a barcamenarmi tra scioperi, ritardi, mezzi strapieni etc etc senza dare di matto. Suo marito ha detto che sono molto zen.
Queste cose, in realtà, fanno parte del pacchetto: quando ho deciso di fare a meno di un'auto sapevo che non sarebbe andato sempre tutto liscio, ci vuole un po' di pazienza e forse è vero, sono molto zen.
Quello per cui ci vuole davvero molta pazienza- molta molta molta pazienza- è la convivenza con la varia umanità che si incontra alla fermata o sul bus.
Devo dire che l'ultima settimana mi ha offerto una serie interessante di situazioni su cui riflettere: venerdì scorso, ad esempio, ero in giro con iena per mano e guerriero sul passeggino. Stavo salendo sul bus mentre la iena mi stava raccontando per l'ennesima volta il suo cartone animato preferito del momento (Wall-e) e mio marito mi stava spiegando al telefono che aveva lasciato le chiavi in ufficio e stava tornando a recuperarle. Sul marciapiede accanto a me c'era una tipa al telefono pure lei, che stava- presumo- discutendo dei fatti suoi con qualcuno. Arriva il mio bus, si aprono le porte, liquido in fretta mio marito per salire e, mentre mi sincero che la iena non abbia mollato il passeggino e stia salendo con me, sento questa che mi urla "signoraaaaaa guardi che il bimbo si sta strozzando con la pizza, se l'è messa tutta in bocca". Ommmmmmmmmmm ommmmmmmmmm ommmmmmmm. Butto un occhio al guerriero e mi guarda giulivo con la sua focaccia in mano e la bocca piena. Bippo i nostri abbonamenti e ci sistemiamo sull'autobus, certo che la gente è strana.
La fermata dell'asilo del guerriero è la stessa dove sale/scende agli stessi miei orari una signora (la chiamo signora, ma non credo sia tanto più grande di me- e un brivido mi corre lungo la schiena) che deve avere un leggero disturbo della personalità o qualcosa del genere. Si dimentica sempre il nome del guerriero (a volte me lo chiede anche 2 volte nella stessa conversazione) e mi dice sempre le stesse cose. Io sono paziente, io sono zen, io comprendo le tue difficoltà e i tuoi problemi. Quello che però proprio non ho ancora capito è come fare a dirti che vuole essere lasciato in pace quando lo vado a prendere all'asilo: è stanco morto e, di solito, si addormenta nel baby carrier prima ancora che arrivi a casa. Non vuole essere toccato, non vuole essere tormentato, non vuole qualcuno che gli chieda continuamente di salutare, dire ciao o fare chissà che cosa. Se al tuo primo approccio urla dovresti capire che è il caso di lasciar perdere e invece no: tiriamo entrambi un sospiro di sollievo solo quando finalmente scende dall'autobus. Oggi però non ci bastava la signora di cui sopra: sull'autobus infatti mi attendeva la virtuosa del bimbo nel baby carrier, quella che doveva spiegarmi che il guerriero aveva la manina schiacciata ed era già diventata tutta rossa. Sì, va bene, spostala pure come ti aggrada, tanto lui la rimetterà dove gli farà più piacere. E fuori ci sono 2 gradi, anche io ho le mani rosse, come presumo il resto degli abitanti della zona.
Quindi, caro marito dell'amica, sono queste le situazioni che mi rendono zen, molto più della disposizione a strati sul bus o dell'ennesima corsa saltata, della vettura fuori servizio: sono le persone che a volte mi fanno venire voglia di urlare. Poi mi passa.

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